PAOLO FRESU
La banda del paese e i maggiori premi internazionali, la campagna sarda e i dischi, la scoperta del jazz e le mille collaborazioni, l'amore per le piccole cose e Parigi. Esiste davvero poca gente capace di mettere insieme un tale abbecedario di elementi e trasformarlo in un'incredibile e veloce crescita stilistica.
Paolo Fresu c'è riuscito proprio in un paese come l'Italia dove - per troppo tempo - la cultura jazz era conosciuta quanto Shakespeare o le tele di Matisse, dove Louis Armstrong è stato poco più che fenomeno da baraccone d’insane vetrine sanremesi e Miles Davis scoperto "nero" e bravo ben dopo gli anni di massima creatività.
La "magia" sta nell'immensa naturalezza di un uomo che, come pochi altri, è riuscito a trasportare il più profondo significato della sua appunto magica terra nella più preziosa e libera delle arti.
A questo punto della sua fortunata e lunga carriera, non serve più enumerare incisioni, premi ed esperienze varie che l’hanno imposto a livello internazionale e che fanno sistematicamente ed ecumenicamente amare la sua musica: dentro al suono della sua tromba c'è la linfa che ha dato lustro alla nouvelle vague del jazz europeo, la profondità di un pensiero non solo musicale, la generosità che lo vuole "naturalmente" nel posto giusto al momento giusto ma, soprattutto, l'enorme e inesauribile passione che lo sorregge da sempre.
Il presente di Paolo è – come al solito – turbinoso, degno dell’artista onnivoro e creativo che tutti riconoscono in lui.
Oggi (a parte un sorprendente lato letterario che è sfociato nella pubblicazione di alcuni interessanti lavori editoriali e l'importante consegna delle Laurea Honoris Causa dell’Università la Bicocca di Milano nonché quella puramente musicale della nobile Berklee School of Music newyorkese è fatto del suo storico quintetto che si avvicina alla boa dei quattro decenni di piena collaborazione e stima reciproca, ma è anche quello del quartetto “Devil”, che riscatta a pieno merito i successi del celebrato “Angel” che impose Paolo all’attenzione europea qualche lustro fa oppure del suo nuovo trio con due giovani leoni del jazz contemporaneo nazionale quali Dino Rubino e Marco Bardoscia.
Crescono poi le importanti realtà contemporanee. Solo alcune di queste sono il duo con Uri Caine, la collaborazione con Carla Bley (e Steve Swallow) e il fortunato incontro con Ralph Towner che ha fatto da ponte all'ingresso del nome di Paolo nell'entourage della celebrata e nobile etichetta ECM, che - oltre al lavoro con Towner - ha poi pubblicato il bellissimo lavoro Mistico Mediterraneo con Daniele Di Bonaventura e il coro polifonico corso A Filetta e il disco in duo con il bandoneonista marchigiano poi bissato (per la sua etichetta Tǔk) da un lavoro del duo allargato con la presenza di Jaques Morelenbaum al violoncello.
Il suo presente più attuale lo vede attivo, in ottica più esterofila, in trio con Richard Galliano e il pianista svedese Jan Lundgren (“Mare Nostrum”) e in diverse nuove avventure con importanti nomi dell’entourage jazzistico contemporaneo quali Omar Sosa, Trilok Gurtu, Gianluca Petrella e – ancora – con Lars Danielsson, Eivind Aarset, Chano Dominguez, Oren Marshall o Arild Andersen. Interessanti sono poi i progetti con alcuni grandi nomi del mondo letterario e teatrale italiano (Ascanio Celestini, Lella Costa, Stefano Benni, Alessandro Bergonzoni, Giuseppe Battiston), la frequentazione del mondo teatrale stesso quale primo interprete grazie ai lavori prodotti dal Teatro Stabile di Bolzano fra i quali il grande successo della pièce “Tempo di Chet” oltre, infine, a una nuova serie di piccole ma importanti collaborazioni con la musica “intelligente” delle frange popolari italiane oppure dell’elettronica. Musica per il Cinema e “progetti speciali” come il suo straordinario “a solo” teatrale chiudono il cerchio insieme alla piccola grande e folle avventura che l’ha portato a festeggiare nel 2011 i suoi 50 anni con 50 concerti, in 50 giorni consecutivi, con 50 formazioni e progetti diversi di giorno in giorno in 50 capolavori paesaggistici della sua Sardegna. Non da meno anche il bel progetto dedicato invece al suo importante 60° compleanno, complice la Bologna che è ormai divenuta, al pari di Parigi, uno dei suoi luoghi di riferimento.
Manca all’appello anche l’importante serie di progetti dedicata a diversi aspetti del mondo “classico” tout-court che, grazie a lavori ad hoc, sta riservando belle sorprese con musicisti capaci di "guardare avanti" oppure, infine, il bellissimo nuovo lavoro di promozione cha Paolo sta portando avanti nei confronti di molti giovani leoni dell'entourage jazzistico contemporaneo attraverso le possibilità offerte loro grazie alla sua nuova etichetta Tǔk Music costruita per guardare al futuro.
OMAR SOSA
Nato a Camagüey, a Cuba, Sosa ha studiato percussioni alla Escuela Nacional de Musica e all'Instituto Superior de Arte.[2] Negli anni '80 ha fondato la band Tributo, registrando album e facendo tournée con la band.[2] Ha lavorato con la cantante cubana Xiomara Laugart e diverse band di jazz latino.[2] Negli anni '90 si è trasferito da Cuba a Quito, a Palma di Maiorca, nella baia di San Francisco, e infine si è stabilito a Barcellona.[3][1]
Mentre era in California, Sosa ha pubblicato i suoi primi album con il suo nome.[2] Ha ricevuto nomination ai Grammy Award per quattro dei suoi album, tre nella categoria Latin Jazz.[2][4] Nel gennaio 2011, Sosa e la NDR Bigband hanno vinto il 10° Independent Music Awards (IMAs) nella categoria Jazz Album con Ceremony.[5] Ha anche collaborato con Paolo Fresu, Seckou Keita, Adam Rudolph e molti altri musicisti.[2]
Sosa ha pubblicato la maggior parte delle sue registrazioni con la sua etichetta Otá.[3]